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Wimbledon incorona Rybakina, la regina di ghiaccio

Tra domande scomode ed esultanze di ghiaccio, Elena Rybakina arriva in fondo alla sua impresa. In un torneo di Wimbledon che ha proposto tante sorprese, la kazaka di origini russe ha dimostrato di poter dare una svolta alla sua carriera. Elena Rybakina completa le sue due settimane da favola e conquista il titolo a Wimbledon, consegnando il primo Slam al Kazakistan e negando a Ons Jabeur un trionfo sognato da un intero continente. Un successo di tennis e carattere, che ne conferma le grandi potenzialità Una delle edizioni di Wimbledon più particolari, per la mancanza di punti in palio, non poteva che avere un finale particolare. Imprevedibile per il nome della vincitrice, la kazaka – nata in Russia, a Mosca, dove vive – Elena Rybakina, e per il suo modo di (non) festeggiare il successo che le cambierà la carriera, accolto praticamente senza esultare, solo con un sorriso, come se avesse superato il primo turno di un torneo qualunque, mica vinto il titolo del più prestigioso al mondo. Semplicemente, la più giovane campionessa dei Championships dal 2011 è fatta così, timida e introversa, ed è rimasta fedele a se stessa e all’atteggiamento che le ha permesso di vincere la finale, giocata meglio della favorita Ons Jabeur. LE DOMANDE SULLA RUSSIA La Rybakina, classe 1999, non si è scomposta quando è andata sotto di un set, non si è scomposta quando la partita è girata e la rivale è crollata di nervi iniziando a regalare a raffica, non l’ha fatto dopo il match-point vincente e nemmeno quando Kate Middleton le ha consegnato il Venus Rosewater Dish, il piatto riservato alla vincitrice dei Championships, passato dalle mani di tutte le più grandi campionesse della storia della racchetta. Elena non è ancora una di loro, ma non è detto che non possa diventarlo con la spinta del successo a Wimbledon. Nelle due settimane londinesi, coi suoi colpi piatti e aggressivi, ha dribblato tutte le avversarie in campo, e lo stesso ha fatto fuori con le tantissime domande sul Paese rappresentato fino al 2018, la Russia, prima di passare – come fatto da altri suoi connazionali – sotto la bandiera del Kazakistan, portata per la prima volta al trionfo in un torneo del Grande Slam. Il prossimo step è l’approdo nelle top 10 Wta: da questo punto di vista Wimbledon non la può aiutare, perché malgrado il successo rimarrà fuori dalle prime 20, mentre se ci fossero stati i consueti punti in palio, il prossimo lunedì Elena si sarebbe trovata con agio nelle prime 10. Ma nel tennis la classifica è figlia del livello espresso e della capacità di proporlo con continuità. Lei – Wimbledon l’ha solo confermato – lo sta facendo sempre meglio. DELUSIONE JABEUR Il successo della Rybakina ha detto che non è ancora scoccata l’ora di Ons Jabeur, la tunisina che dalla primavera in avanti si è proposta con continuità come la più valida alternativa alla numero uno del mondo Iga Swiatek. Era fra le favorite della vigilia al Roland Garros, ma perse al primo turno, mentre sull’erba dell’All England Club è riuscita ad arrivare fino in fondo, quando pareva tutto apparecchiato per un successo sognato da un intero continente. Invece l’attesa andrà avanti. La 27enne di Ksar Hellal ha vinto il primo set concedendo le briciole e sembrava in controllo della partita, poi qualcosa si è rotto. Ha perso la pazienza per qualche errore di troppo, e non appena si è resa conto che la partita le stava sfuggendo di mano non è riuscita a reagire, non trovando la forza mentale per tenere in piedi i pezzi del castello costruito sin lì. Chiude da grande delusa, ma la sua prima finale Slam resta e l’esperienza maturata le saranno di aiuto. “Sono sicura che prima o poi vincerò un titolo del Grande Slam”, ha detto dopo la sconfitta. Per quanto visto nel 2022 vien da darle ragione. LA STRISCIA DI IGA SWIATEK SI FERMA A 37 Ma, finaliste a parte, cosa ha detto questo Wimbledon senza punti in palio? Intanto, ha detto che proprio i punti contano sì, ma non sono tutto. Perché poi, complice il montepremi monstre e complice la tradizione di uno dei tornei più prestigiosi del mondo, a far bene a Church Road ci tenevano comunque tutte le giocatrici, senza eccezioni. Ci teneva, ovviamente, pure la numero 1 del mondo Iga Swiatek, che invece sull’erba ha palesato ancora qualche problema di troppo. Del resto lei stessa era perfettamente consapevole che quella striscia di vittorie consecutive (chiusa a quota 37) sarebbe terminata in maniera quasi inevitabile proprio durante i Championships. “Sull’erba – ha dichiarato un po’ sconsolata la polacca – cambia tutto e io devo ancora imparare come muovermi e come giocare”. Ci si può sorprendere, almeno in parte, del fatto che a batterla sia stata la 32enne Alizé Cornet, attualmente fuori dalle top 30 (anche se il suo best ranking è di numero 11), senza titoli Wta dal 2018 e molto lontana, tecnicamente e mentalmente, da una giovane rampante. Tuttavia la francese ha sia il tennis che l’esperienza per far bene sui prati, dove invece la numero 1 del mondo ha giocato poco e mai benissimo. I TORMENTI DI SERENA WILLIAMS E LA FAVOLA DI HARMONY TAN L’altra campionessa sotto i riflettori a Wimbledon era Serena Williams, ma invece che su di lei, le luci si sono accese su colei che l’ha battuta all’esordio, la francese Harmony Tan. Serena è apparsa svuotata di energie, poco reattiva, lontanissima da una condizione accettabile, ma la favola Tan non si è fermata al trionfo contro la campionessa da 23 Slam. La transalpina ha raggiunto gli ottavi di finale, perdendo poi contro l’americana Amanda Anisimova, ma in ogni caso ha trovato a Londra il torneo della carriera. A 24 anni, Harmony non aveva mai giocato a Wimbledon e – al di fuori del Roland Garros – aveva fatto solamente due esperienze nei main draw degli Slam. La sua corsa a Church Road è la dimostrazione che non bisogna mai arrendersi, che nulla è impossibile. Lo stesso messaggio che ha mandato Tatjana Maria, 34 anni e due figlie, rientrata nel Tour per stupire anche i più scettici. La tedesca, che era già stata numero 46 al mondo, porta con sé una famiglia che comprende anche una bambina di 9 anni (già a suo agio con la racchetta) e l’ultima arrivata, un anno appena. La semifinale ai Championships (poi persa contro Ons Jabeur) è stata una favola vissuta fuori dal tempo, con la consapevolezza di poter essere un esempio per tante colleghe, soprattutto per quelle alle prese col dubbio fra carriera e maternità. ITALIANE, ERBA INDIGESTA Infine, le italiane. Per le quali, in realtà, stavolta non c’è molto da approfondire. Ci si attendeva molto da Camila Giorgi, che a Wimbledon aveva raggiunto i quarti di finale nel 2018. Invece la marchigiana d’Argentina è finita fuori all’esordio, in una di quelle prestazioni che lasciano inevitabilmente tanto amaro in bocca. Con Martina Trevisan e Lucia Bronzetti decisamente non a loro agio sull’erba, la migliore è stata Elisabetta Cocciaretto, a segno proprio sulla toscana Trevisan all’esordio, prima di arrendersi alla rumena Irina Camelia Begu. Merita una citazione però anche Jasmine Paolini, che per due set ha tenuto sotto pressione l’ex campionessa Petra Kvitova, finendo la benzina nel terzo. Un’esperienza che le sarà utile in futuro. L'articolo Wimbledon incorona Rybakina, la regina di ghiaccio proviene da WeAreTennis. ...

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